Quando a parlare è la pelle: nozioni di Psicodermatologia

A partire dalla mia tesi di laurea mi sono occupata di diverse implicazioni funzionali e psicologiche della pelle.  Riprendendo un passaggio del mio personale lavoro di tesi:

“la pelle è un organo estremamente complesso, in termini strutturali e funzionali: si forma nell’embrione prima di tutti gli altri sistemi sensoriali (circa verso la fine del secondo mese di gestazione; l’ectoderma è la sorgente neurologica comune della pelle e del cervello), presenta una grande densità recettoriale ed è strettamente collegata agli organi di senso esterni, rendendo l’organismo un sistema sensibile; svolge svariate funzioni biologiche fondamentali per la sopravvivenza, in maniera diretta o ausiliaria. Infine, come suggerito da Freud, il tatto è l’unico tra i cinque sensi a possedere una struttura riflessiva (…) L’intera superficie della pelle costituisce sia una frontiera identitaria-relazionale che una barriera permeabile tra interno ed esterno (…) importante superficie di contatto tra sé e gli altri, da cui la formazione del soggetto psichico, a sua volta inserito in contesti relazionali e sociali, non può prescindere”.

Le implicazioni psicologiche della pelle compaiono per la prima volta nei lavori di Esther Bick, psicoanalista britannica di matrice kleiniana (“La pelle psichica”, 1968) e di un altro psicoanalista francese, Didier Anzieu (“L’Io-pelle”, 1985).

Contributi di diverso taglio e corrente si sono susseguiti in seguito, la ricerca scientifica ha cumulato nel tempo prove a sostegno di una connessione tra stati psichici e patologie dermatologiche, e si sta facendo sempre più luce sui possibili meccanismi neurofisiologici alla base della somatizzazione, sulle modalità attraverso cui lo stress psicologico, o stati emotivi non riconosciuti/espressi/regolati, possono concausare, esacerbare, mantenere, la patologia d’organo, non solo cutanea.

Pubblicazioni scientifiche italiane e internazionali riportano, e chiariscono progressivamente, la presenza di un collegamento tra cute, sistema endocrino, sistema nervoso e sistema immunitario, in disordini cutanei quali acne, psoriasi, eczema, dermatite seborroica, prurito e alcune forme di orticaria, lichen planus, rosacea, alopecia areata ed effluvio telogen acuto e cronico (entrambe affezioni del cuoio capelluto). Vi è una crescente evidenza secondo cui lo stress influenza i processi patologici e contribuisce all’infiammazione attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il rilascio di neuropeptidi ed altri mediatori chimici dalle terminazioni nervose e dalle cellule del derma. I mastociti del derma sono connessi strettamente alle terminazioni nervose sensitive: anche i peptidi liberati dal sistema nervoso possono determinare il rilascio di mediatori pro-infiammatori.

La Psicodermatologia è una delle branche di mio interesse focalizzata appunto sullo studio delle implicazioni psicologiche e psicosomatiche, e degli interventi psicologici, nel contesto delle patologie cutanee, interventi calibrati a diversi livelli e attraverso diverse tecniche mirate. Sono disponibili dati e considerazioni su tre fronti:

1. La già menzionata interazione concausale tra psiche e soma.

2. L’esacerbazione della patologia che può essere indotta secondariamente e retroattivamente da:

  • stati ansiosi e depressivi, talvolta significativi, generati dalla presenza della patologia dermatologica, che può compromettere anche severamente l’immagine e l’identità corporea, l’autostima, i comportamenti sociali (l’evitamento delle situazioni sociali è uno dei possibili esiti).
  • Sconforto e demoralizzazione potenzialmente intervenienti nella patologia ad andamento cronico-recidivante, con annessa sensazione di impotenza e di “non poterne uscire mai”, o pensiero di dover convivere con cicatrici e segni non sempre o non del tutto rimediabili.
  • Comportamenti di ripetuto “controllo” o sfregamento della zona del derma interessata dalla malattia, che possono generare lesioni aggiuntive,
  • oppure, al contrario, di evitamento di contatto con la parte del corpo, o di forte sofferenza al contatto o alla vista della stessa, cosa che ostacola anche l’aderenza alle terapie topiche.
  • Possibile stress inerente all’attuazione della routine di cure topiche, fondamentali, ma alle volte richiedenti considerevole tempo (di applicazione e di latenza dei risultati) e costanza, applicazioni particolari; oppure all’adozione di dispositivi di camouflage (la protesi capillare nel caso di importanti affezioni del cuoio capelluto).

3. L’efficacia di precisi interventi psicologici nel miglioramento del tono dell’umore, del vissuto della patologia, del fronteggiamento della stessa e di eventuali recidive; nell’interruzione di circoli viziosi che possono alimentare il problema; nel recupero dell’autostima e di un buon rapporto con il proprio corpo; con opportunità di risoluzione o di miglioramenti significativi della patologia dermatologica in termini di dilazione/minor acuzie di eventi recidivanti.

In una meta-analisi pubblicata di recente dal British Journal of Dermatology, un team di psicologi ha analizzato i risultati di una serie di studi, rilevando che gli interventi effettuati nella branca emergente della psicodermatologia hanno apportato numerosi benefici. “E’ risaputo ormai che gli interventi psicologici possono aiutare i pazienti a gestire l’impatto emotivo del proprio problema dermatologico ” afferma Deborah Mason della British Association of Dermatologists, “ma per la prima volta, è stato verificato che sono in grado di migliorare anche i sintomi fisici”.

Data la possibile complessità di queste situazioni, una consultazione psicologica può essere molto utile in primis per un inquadramento della situazione, in parallelo all’opportuno inquadramento diagnostico dermatologico, dal punto di vista delle dinamiche psicologiche e comportamentali possibilmente coinvolte. In seconda battuta è possibile pianificare un intervento con precisi obiettivi e sotto-obiettivi, aderente alle singole criticità individuate.

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